Alla pandemia del virus vogliamo rispondere con la universalità della preghiera, della compassione, della tenerezza. Rimaniamo uniti.
I fratelli chiesero al padre Agatone:”Padre, nella vita spirituale quale virtù richiede maggiore fatica?”. Dice loro:”Perdonatemi, ma penso non vi sia fatica così grande come pregare Dio. Infatti, quando l’uomo vuole pregare, i nemici cercano di impedirlo, ben sapendo che da nulla sono così ostacolati come dalla preghiera. Qualsiasi opera l’uomo intraprenda, se persevera in essa, possederà la quiete. La preghiera invece richiede lotta fino all’ultimo respiro”
La vera preghiera non è nella voce, ma nel cuore. Non sono le nostre parole, ma i nostri desideri a dar forza alle nostre suppliche. Se invochiamo con la bocca la vita eterna, senza desiderarla dal profondo del cuore, il nostro grido è un silenzio. Se senza parlare, noi la desideriamo dal profondo del cuore, il nostro silenzio è un grido.
Non sono un uomo di lettere o di scienza, ma pretendo umilmente di essere un uomo di preghiera. E’la preghiera che ha salvato la mia vita. Senza preghiera sarei impazzito da molto tempo. Se non ho perso la pace dell’anima, nonostante tutte le prove, è perché questa pace viene dalla preghiera. Si può vivere alcuni giorni senza mangiare, ma non si può vivere nemmeno un giorno senza pregare.La preghiera è la chiave del mattino e il chiavistello della sera.
Quello del Padre nostro è un percorso antitetico rispetto a quello che regge di solito ogni preghiera: essa va dal basso verso l'alto, dall'uomo e dalla sua miseria a Dio e alla sua luce. Nell'oratio dominica, al contrario, si parte dal cielo e si scende fin nel groviglio oscuro del limite e del male («Padre nostro, che sei nei cieli… Liberaci dal male»). Questa è la parabola dell'incarnazione, cioè la vicenda di un Dio che in Cristo scende nell'umanità insediandosi in essa per liberarla dal male.
Se siete costanti nella preghiera quotidiana e nella partecipazione domenicale alla Messa, il vostro amore per Gesù crescerà. E il vostro cuore conoscerà la gioia e la pace profonda, quali il mondo non sarà in grado di dare.
“Pregare sempre” non significa moltiplicare gli atti di preghiera, ma orientare l’anima e tutta la vita a Dio: studiare solo per Lui, lavorare, faticare, soffrire, riposare e, anche, morire solo per Lui… Tutto il nostro agire si trasforma così in un’azione sacra.
La preghiera è essenzialmente un gesto di amore: è un donare e un accogliere.
Prima di tutto un donare – tempo, energia, dedizione – a una presenza misteriosa ma realissima dentro la nostra vita, ossia il Signore.
Poi vi è un accogliere, cioè lasciar entrare questa presenza dentro di noi sempre più in profondità, permettere al Signore di diventare un compagno di strada, una presenza significativa, orientativa, motivante nel cammino dell’esistenza.
Gli autori spirituali russi, seguendo in questo i padri della chiesa d'oriente, sono attenti a distinguere la preghiera vocale (quella che si dice con le labbra), la preghiera mentale e la preghiera del cuore, che accade quando colui che prega, raccolta la mente nel suo cuore, da qui rivolge la propria preghiera a Dio, non come parola udibile, ma con una parola silenziosa. Nel momento cruciale in cui si raccoglie la mente nel cuore si verifica l'unificazione interiore sotto l'azione dello Spirito Santo.
Chi, dopo una serata trascorsa a fare zapping, se ne va a letto stanco, viene invaso da una sensazione di vuoto e di assenza di significato. Chi invece, con una preghiera, presenta a Dio la giornata appena trascorsa, può distaccarsene. Un bel rituale della sera è presentare le mani a Dio, in forma di coppa. Presento a Dio ciò a cui ho messo mano oggi, gli presento le persone a cui ho dato la mano, che ho toccato. E gli presento anche il mio vuoto. Talvolta abbiamo la sensazione che la giornata sia scivolata via tra le dita. Allora presento a Dio questa giornata scorsa via come sabbia, questa giornata che mi è passata accanto senza sfiorarmi, questa giornata spezzettata, fragile. In questo modo si trasforma nella mia giornata, assumendo anche, alla fine, una forma. E così posso lasciar cadere questo giorno nelle mani di Dio, rifugiandomi nelle sue mani buone e sapendomi sorretto da esse.
Come i sogni ci forniscono informazioni su ciò che accade nel profondo della nostra anima, nel nostro inconscio, altrettanto fanno le distrazioni. Ci mostrano le inclinazioni del nostro cuore.
Se ci rendiamo conto di pensare sempre alle stesse cose, a certi eventi o persone, o che ci frullano in testa sempre gli stessi problemi o programmi, possiamo trarre conclusioni preziose circa noi stessi.
E non appena ci saremo conosciuti meglio in questo modo, le distrazioni scemeranno e saremo in grado di pregare Dio nel raccoglimento.
Nella preghiera scopriamo di essere il “tu” di Dio e scopriamo che Egli è il nostro “Tu”. Il rapporto con Dio è dunque costitutivo dell’uomo, lo fa persona (= essere in relazione).
Lo esprime in maniera chiara la Gaudium et spes del Concilio Vaticano II: “L'aspetto più sublime della dignità dell'uomo consiste nella sua vocazione alla comunione con Dio. Fin dal suo nascere l'uomo è invitato al dialogo con Dio. Se l'uomo esiste, infatti, è perché Dio lo ha creato per amore e, per amore, non cessa di dargli l'esistenza; e l'uomo non vive pienamente secondo verità se non riconosce liberamente quell'amore e se non si abbandona al suo Creatore.” (GS 19)
Non si tratta di un atto soltanto iniziale, ma di un cammino progressivo verso la piena maturità umana. Esso continua lungo tutta la vita, fino all’ultima risposta all’ultima chiamata, con la quale Dio ci inviterà ad entrare nella piena e definitiva comunione con Lui.